Andrea Benigni è Managing Director di Eca Italia, società di consulenza nella gestione delle risorse umane internazionali, espatriate e locali nell’ambito dell’area Compensation, Tax, Legal&Social Security ed Immigration. Laureato in Economia all’Università di Perugia, entra in Eca Italia nel 1998 come International HR Consultant, per poi passare dopo pochi anni al ruolo di Operations Manager nel 2002 e quindi Managing Director dal 2005.
Cogliamo l’occasione per congratularci per il premio che avete recentemente ricevuto “China Awards 2018”! potresti spiegarci meglio?
ECA Italia ha ottenuto il riconoscimento di società di servizi dell’anno area HR-Global Mobility – Sezione “Creatori di Valore”. Nel 2018 abbiamo gestito oltre 80 progetti aziendali per aziende italiane impegnate in Cina con ricaduta su circa 220 Manager e Specialisti italiani assegnati a Shangai, Pechino, Wuhan, Shenzhen, Wuxi.
Sempre più si sente parlare di internazionalizzazione e Global Mobility, che cosa significa oggi?
L’internazionalizzazione delle aziende è oggi una realtà consolidata. In questo momento storico “Fare impresa” significa anche confrontarsi con mercati le cui distanze sono ampiamente ridotte, in uno scenario economico sempre più mutevole, multiforme, globale. Gestire risorse umane a livello internazionale comporta affrontarne le complessità connesse. Noi di ECA Italia offriamo da 25 anni il nostro supporto sia alle multinazionali, che movimentano grandi flussi di lavoratori in tutto il mondo, sia alle PMI, che vogliono svilupparsi in direzione dei mercati esteri.
L’indagine “Espatriati italiani e stranieri in Italia: politiche e prassi gestionali”, realizzata a cura di ECA Italia, in partnership con l’Università Statale di Milano e AIDP, nasce proprio dalla necessità di approfondire politiche e prassi in materia di mobilità internazionale.
Di cosa si tratta? Potresti spiegarci meglio?
La rilevazione dei dati si è conclusa a Maggio 2018 ed è stata condotta su un campione di 51 prestigiose aziende, con headquarter in Italia per l’86%. Le aziende coinvolte appartengono a diversi settori merceologici, con un’alta concentrazione di aziende manifatturiere (29%) e del settore ingegneristico (23%). 13.709, complessivamente, è il numero di lavoratori che fanno parte delle società che hanno partecipato alla survey, di cui 12.082 italiani all’estero e 1.627 stranieri in Italia. Si evidenzia una tendenza sempre più marcatamente Global della gestione delle risorse umane.
Dai dati emerge, infatti, un evidente cambio di rotta rispetto ai decenni passati in cui il concetto di incarico internazionale veniva inevitabilmente associato a quello dei long-term assignment. Oggi assistiamo all’adozione sempre più frequente di modalità alternative di lavoro all’estero con un 56%, per il personale italiano, di trasferte internazionali medio/lunghe, che significa uno slot temporale compreso tra i 3 e i 9 mesi
Potresti fornirci una “fotografia istantanea” della Mobilità Internazionale in termini di incidenza uomo/donna, tipologia di ruoli interessati, principali paesi coinvolti e previsioni per il futuro?
Il fenomeno della mobilità internazionale ancora oggi interessa in maggior percentuale gli uomini. In media, infatti, solo il 17% dei lavoratori in assegnazione internazionale sono donne. Nonostante il dato rappresenti un’evoluzione rispetto alle politiche precedentemente in uso, il risultato è chiaramente sbilanciato.
Il 45% del personale inviato in trasferta è composto da personale di staff, il 31% da personale tecnico e il 24% da manager.
USA, Francia, Cina, Germania e UK si attestano tra i primi 5 paesi di destinazione per business trip.
La previsione per i prossimi 3 anni è positiva in riferimento al ricorso alla trasferta estero: tra chi prevede di aumentare il numero delle risorse in trasferta estera e chi manterrà la popolazione ai livelli attuali arriviamo a stimare una percentuale del 96%.
Quali sono i driver principali alla mobilità internazionale?
Identificare lo scopo dell’assignment consente di ottenere il consenso di tutti gli stakeholder coinvolti nel processo.
Le tre finalità principali che spingono le aziende verso la mobilità internazionale sono:
- Circolazione e consolidamento di competenze tecniche, spesso legato alla necessità dell’azienda di inserirsi all’interno di nuove aree geografiche partendo da green-field. L’obiettivo è infatti quello di sfruttare l’esperienza e le capacità del personale proveniente dall’HQ per avviare nuove attività.
- Sviluppo e consolidamento della leadership, connesso alla necessità dell’azienda di diffondere le conoscenze manageriali e sviluppare la leadership all’interno del gruppo.
- Sviluppo dei talenti, cioè l’intento strategico dell’azienda ad investire nella creazione di un pool di risorse di talento affinché sviluppino un mind-set ed un background a carattere globale. Si può quindi parlare di Mobilità Internazionale come vero e proprio strumento a disposizione del Talent Development.
Come gestite il momento del Rimpatrio? Immaginiamo sia un momento estremamente delicato.
È fondamentale gestire ex ante il timing del Rimpatrio alla luce del Retention Risk. E’ importante garantire ed assicurare elevati livelli di Engagement dei dipendenti, una volta rientrati in Italia, attraverso la definizione di percorsi di carriera allineati alle proprie aspettative; per non rischiare di perdere la risorsa. Dai dati risulta che l’84% delle assegnazioni internazionali viene portato a termine con successo. In media, la percentuale di espatriati che lascia l’azienda dopo il rientro è del 4%.
Il nostro Paese è attrattivo, da un punto di vista fiscale, per i talenti degli altri Paesi?
Beh, potrebbe sembrare un’affermazione scherzosa ma dal 2017 l’Italia è diventata il paese fiscalmente più attrattivo in Europa. Sto parlando dell’incentivo in vigore dal 1°gennaio 2017 per i lavoratori impatriati consistente nell’ abbattimento della base imponibile ai fini fiscali del 50%. È importante precisare il termine impatriato che definisce non solo l’italiano di rientro (cosiddetto rientro dei cervelli) ma anche lo straniero che trasferisce la propria attività e residenza nel nostro paese. Una precisazione che aiuta a comprendere la portata di questo provvedimento, generatore di una chiara discontinuità rispetto alle tradizionali caratteristiche sistemiche del nostro Paese.